
Dall’inizio di questo secolo si è verificato un profondo cambiamento negli studi delle neuro scienze e, fatto molto significativo si è verificato un profondo cambiamento negli studi sull’educazione e sull’insegnamento. L’’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto e introdotto nei vari contesti educativi e non solo, le life skills, ossia quelle abilità cognitive, emotive e relazionai che aiutano ad affrontare con positività le sfide personali, sociali, professionali. Il presupposto teorico alla base dell’insegnamento delle Life skills è la Teoria dell’Apprendimento sociale sviluppata da Bandura (1977), secondo la quale l’apprendimento è una acquisizione attiva, che viene attraverso la trasformazione e la strutturazione dell’esperienza. L’educazione sulle life skills introdotte nei vari contesti possono offrire validi aiuti sotto ogni aspetto. Nelle discipline sportive è ormai risaputo, infatti, quanto sia fondamentale l’aspetto mentale di un atleta, molti allenatori sottolineano quanto questo aspetto possa incidere, nelle prestazioni tecniche. Ricordo una citazione:
“Il calcio si gioca con la testa. Se non hai la tesa, le gambe da sole non bastano” (Johan Cruijff)
Sul piano tecnico, non dobbiamo pensare ad allievi o atleti compiacenti che annuiscono all’allenatore come soldati, dobbiamo pensare ad atleti appassionati, dobbiamo aiutare lo sportivo nello sviluppo mentale e affettivo, andare oltre al piano fisico, per questo è fondamentale dare nuove idee nobili alle menti. Una mente abituata solo ad eseguire, lentamente ma inevitabilmente diventerà una mente pigra causando in essa interesse sempre più limitante. Quando mi riferisco all’”aiuto mentale “, il tema non è strettamente collegato all’ intervento di una figura professionale come lo psicologo o il Mental coach, le quali sicuramente possono offrire un sostegno davvero interessante ma è stato provato statisticamente che dopo alcune sedute o incontri ,buona parte dei soggetti coinvolti abbandona…Mi riferisco piuttosto ad un integrazione molto più ampia, meno profonda a livello individuale ma che inglobi il gruppo in cui tutti gli elementi portanti: giocatore, allenatore, società, ambiente, famiglia, strumenti , raggiungano un piano di equilibrio connesso. Per gli atleti che si affacciano al professionismo ad esempio, potrebbe essere interessante creare progetti sul tema dell’educazione al professionismo . Sui più piccoli, invece lavorare indirettamente sul raggiungimento degli obiettivi.
La missione dell’allenatore è coniugare le life skills e i principi della filosofia Montessori basati sulla centralità del giocatore ma in un’ottica di condivisione e di autonomia . competenze dormienti potrebbero risvegliarsi in un perfetto equilibrio emotivo e cognitivo, l ‘autostima rafforza le intenzioni e nelle situazioni problematiche la soluzione si scorge nella dinamica del gruppo. Ecco che il giocatore diventa realmente parte integrante di una squadra educante , rafforzata nelle competenze e nel talento.
Barbara Saia